LE SOCIETA' PARTECIPATE A CONTROLLO PUBBLICO
Per capire la differenza tra pubblico e privato occorre inananzitutto aver chiaro il concetto di beni pubblici e beni privati, e di cosa si intende per pubblica utilità e per opere di pubblica utilità. Le aziende che gestiscono le pubbliche utilità possono essere: 1. municipalizzate: 100% proprietà pubblica. 2. aziende speciali: 100% proprietà pubblica. 3. società private: le quote sociali possono appartenere a uno o più azionisti. Se la società è aperta al capitale esterno, si dice che la società è quotata sui mercati regolamentati . In questo caso si parla di public company, ossia di società ad azionariato diffuso, dove la parola pubblico non sta per Stato o altro ente pubblico, ma da un assetto proprietario molto aperto, non sottoposto a vincoli legali e alla portata di chiunque abbia le disponibilità finanziarie per accedervi, in gergo è “contendibile“. Quando le società ad azionariato diffuso quotate hanno una quota detenuta dallo Stato o altri enti pubblici, si parla di società partecipate. Quando la quota detenuta dal soggetto pubblico è a maggioranza almeno relativa, si parla di società partecipata a controllo pubblico, in quanto il soggetto pubblico avendo la maggioranza relativa dei voti ha controllo delle decisioni. Quando il settore di attività riguarda i servizi di pubblica utilità, tale società è autorizzata dall’Autorità per l’energia elettrica il gas e il sistema idrico (vedi ∞) a calcolare le proprie tariffe in base ad una remunerazione certa sul capitale investito.
HERA E' UNA SOCIETA' A MAGGIORANZA DI CAPITALE PUBBLICO
Hera Spa è una società partecipata a controllo pubblico in quanto il patto di sindacato tra oltre 200 enti pubblici detiene la quota di maggioranza delle azioni, pari a circa il 41,4% (vedi situazione azionariato ∞ al 25-04-2017). Che la proprietà sia il 100% o il 38% non fa differenza, in quanto ciò che conta è che la quota di maggioranza relativa sia in mano al patto di sindacato pubblico. Tale patto di sindacato ha un organo esecutivo che è il comitato di sindacato di voto dei soci pubblici formato da una decina di Sindaci di altrettanti Comuni con partecipazioni rilevanti. Questo comitato ristretto di fatto detiene le redini della multiutility, sostenendo quali delle politiche societarie proposte da Consiglio di Amministrazione e top management possono essere attuate e rese esecutive. Anche in altre aziende partecipate a maggioranza pubblica italiane, come per es. IREN, A2A, ACEA, ecc. sono aziende pubbliche a tutti gli effetti. In queste aziende chi decide, è il rispettivo patto di sindacato composto di soci pubblici, e quindi sia con loro che con Hera, l’Acqua è già Pubblica…
HERA E' OGGI CONTROLLATA DA 10 SINDACI AZIONISTI RILEVANTI
Le decisioni principali in Hera Spa sono in capo al cd. comitato di sindacato di voto, che raduna i rappresentanti delle partecipazioni rilevanti pubblici. Le partecipazioni rilevanti sulla base delle comunicazioni pervenute in Consob fino al 25-04-2017 (∞) sono: 01. Comune di Bologna (9,993%) 02. Comune di Modena (9,822%) 03. Comune di Imola (7,375%) 04. Comune di Ravenna (6,470%) 05. Comune di Udine (3,055%) 06. Comune di Trieste (4,823%) 07. Comune di Padova (4,803%) 08. Carimonte Holding Spa (2,001%) 09. Gruppo Soc. Gas Rimini (2,001%) 10. Enti della Provincia di Ferrara (2,000%)L’azionariato dell’azienda comprende circa 200 enti pubblici (circa il 49,4%), circa 400 investitori istituzionali (di cui i primi 20 detengono insieme circa il 20,5%) ed circa 20.000 azionisti privati (circa il 11,1%). Sono considerati piccoli azionisti coloro che detengono una partecipazione < 1% del capitale sociale. I piccoli azionisti in numero rappresentano circa il 99% del numero complessivo di tutti gli azionisti. Chiunque di noi, semplice cittadino o azienda (anche straniero), può diventare azionista, semplicemente recandosi in una banca e acquistando delle azioni. Hera Spa è dunque pubblica per i seguenti motivi: 1. è una public company a controllo pubblico, visto che è una società la cui quota di maggioranza è in mano pubblica, e le tutte le fecisioni fondamentali sono prese in assemblea dove la maggioranza dei voti è in mano pubblica; 2. è una public company aperta al capitale pubblico dei privati, visto che essendo chiunque può accedere al capitale acquistando le azioni riservate al cd. capitale flottante quotato alla Borsa valori. 3. è una public company dove il top management è di nomina pubblica, ossia viene nominato di fatto dall’assemblea controllata dal patto di sindacato pubblico- ed esegue la gestione esecutiva con il delicato compito di bilanciare l’ìinteresse collettivo e quello particolare degli azionisti.
QUANTI PROFITTI DISTRIBUIRE E QUANTO INVESTIRE IN SERVIZI ED INFRASTRUTTURE?
Il potere decisionale di far “variare l’asticella” che regola se quante risrose spostare verso l’interesse collettivo degli utenti e quante verso l’interesse particolare degli azionisti sta di fatto nelle mani di poche persone: i 10 Sindaci del comitato di sindacato di voto, ossia le persone che fisicamente rappresentano tutto il patto di sindacato, incontrandosi materialmente a cadenza periodica. Sono i 10 Sindaci dei Comuni con partecipazioni rilevanti che calibrano l’asticella che definisce l’equilibrio tra quanti profitti distribuire e quanto investire nella mission istituzionale, rappresentata in primis dalle seguenti attività: 1. investire di più nell’efficientamento con le Migliori Tecnologie Disponibili: – costruire depuratori fognari, invasi di riserva idrica, e sostituire le reti idriche in fibrocemento a fine ciclo di vita, contribuendo a limitare le dispersioni di acqua potabile nella rete che oggi sono al 30%, con altrettanto risparmio sia di acqua già potabilizzata, che dell’energia elettrica necessaria per immetterla e mantenerla in pressione nella rete; – implementare le smart grid per razionalizzare l’uso dell’energia; – ridurre l’impatto ambientale della propria dotazione impiantistica, investendo nel trattamento meccanico biologico (TMB) con selettori ottici automatici per incrementare l’efficienza di recupero e quindi il riuso e il riciclo dei materiali plastici. La gestione dei rifiuti avrebbe così un ciclo integrato tra TMB, impianti a digestione anaerobica alimentati a biomasse e bioliquidi, inceneritori, e discariche. 2. Modulare le tariffe ai cittadini in funzione del servizio offerto: far pagare il costo dei servizi in modo proporzionale alla prestazione erogata. Ciò significa che se Hera decide di posizionarsi in una fascia di servizio “green“, investendo nelle migliori tecnologie disponibili, ecco che il costo della bolletta non potrà essere il minimo, ma sarà proporzionale alla cura riservata all’ambiente. Come Azionehera riteniamo che in una logica di lungo periodo sia vantaggioso posizionarsi in una fascia “green“, perché rappresenta un vantaggio competitivo e distintivo rispetto alla numerose altre offerte sul mercato. In una “guerra al minor prezzo” della bolletta fra aziende concorrenti si è visto che la prima vittima è la qualità del servizio e la redditività con conseguente capacità di investire nelle migliori tecnologie, portando svantaggia sia all’utente che all’azienda. 3. Ridurre il debito con le banche, evitarndo di pagare interessi e commissioni improduttive, ma soprattutto pagando la giusta quantità di tasse a favore della fiscalità generale. Questo non per buonismo, ma per il fatto che i mezzi del gestore sono tipicamente molto pesanti -si pensi ai veicoli compattatori dei rifiuti- e contribuiscono all’usura del manto stradale. L’individuazione del livello quantitativo dei profitti deliberati da tali Sindaci del Comitato di Sindacato è il trade-off pubblico privato, ossia l’atto di equilibrio tra interesse collettivo e interesse particolare che delimita il confine tra società pubblica e società privata. Distribuendo gli utili nelle casse dei Comuni si ha come conseguenza che una parte dei soldi dei cittadini utenti derivanti dalle bollette (ossia i profitti elargiti in quota interesse agli azionisti) non sono impiegati per i settori dove sono originati in toto, per i fini per cui i cittadini han pagato le bollette, seguendo la mission aziendale: – infatti per il 60% circa (la quota pubblica di Hera Spa), vanno in parte a finanziare anche altri servizi ed opere pubbliche comunali (area del welfare, canone di affitto degli immobili pubblici, ecc.); – per il 40% (la quota privata di Hera spa), vanno a remunerare in quota interesse dei 20.600 grandi e piccoli azionisti. La verità è che oggi i Sindaci hanno in mano la prerogativa di fissare le linee guida di politica industriale, di fatto non sono in condizioni di farlo, e delegano alle cariche apicali della multiutility il compito di definire il piano industriale. Questo per ragioni di tempo materiale, di competenze, e soprattutto perché in sede di campagna elettorale non sottopongono un vero programma agli elettori. Quindi la mancanza sta nel fatto che i cittadini elettori italiani non sono abituati a richiedere ai loro candidati politici un programma elettorale che parli dell’attività reale e concreta delle aziende partecipate a controllo pubblico, perché sapientemente sviati da media e tv generalista e quindi ignari ed inconsapevoli dell’importanza e della ricaduta.
REINVESTENDO GLI UTILI SI RAFFORZA LA SOCIETA'
La società Morningstar ha classificato una serie di stili di gestione (vedi sintesi 1 ∞ e vedi sintesi 2 ∞), dove per stile “growth” si intende quello orientato all’utile da dividendo, e per stile “value” quello orientato alla crescita di valore dell’azione. Occorre rilevare che il valore di un investimento azionario ad un dato momento t è dato dalla differenza tra il valore di carico di un’azione sommato gli interessi ricevuti in conto interesse, e il valore della quotazione di mercato al momento t stesso. Se una società reinveste gli utili in asset durevoli tenderà a rendere più solida e concorrenziale l’azienda, il cui valore ha maggiori possibilità di crescere. Lo stile “value” è l’opzione auspicata dagli azionisti risparmiatori -pubblici o privati che siano- con un orizzonte temporale non speculativo ma di lungo periodo, attenti a che il valore della capitale non si diluisca. Succede però che i soci pubblici siano rappresentati da amministratori pro tempore, i Sindaci, per voler fare “bella figura” nel breve periodo di mandato, sono tentati ad attingere ai dividendi annuali, quando addirittura di vendere delle quote per far cassa. Chi amministra e ha le redini di una multiutility dovrebbe avere questo concetto ben chiaro, perché è evidente che un’azienda è sana quando ha pochi debiti e reinveste in asset durevoli per rafforzare il proprio capitale sociale.
IL NOCCIOLO DELLA DISCUSSIONE TRA SOCIETA' PUBBLICA E PRIVATA
I servizi di pubblica utilità un tempo erano gestiti da società interamente pubbliche, le municipalizzate e le aziende speciali. I politici che ci han governato per gli ultimi 25 anni hanno intrapreso parallelamente al processo di privatizzazione delle società statali ex IRI, anche la privatizzazione delle municipalizzate a livello locale, trasformandole in Società per azioni (Spa). In queste società la quota di proprietà pubblica è via via sempre diminuita, mantenendo una tendenza a continuare a scendere. Anche se lo status di aziende speciali sarebbe più consono per la missione di società che forniscono servizi di pubblica utilità, l’essere società di capitali quotate in un mercato di borsa, in sè non è pregiudizievole, per il fatto che: => da un lato tali società hanno mantenuto quasi sempre una quota di maggioranza pubblica, e quindi sia che si tratti di maggioranza pubblica totale o maggioranza pubblica relativa, l’importante alla fine è che il controllo della maggioranza dei voti sia nelle mani di un soggetto pubblico. => dall’altro lato oggi ciascuno di noi può partecipare alle scelte aziendali di queste società in due modi: per prima cosa votando per i partiti che hanno nel loro programma elettorale scelte che condividiamo e che vanno in una logica di interesse collettivo. Tali partiti faranno eleggere dei politici che in sede di assemblea di queste società partecipate fanno scelte a favore di noi cittadini, in primis come utenti, poi come piccoli azionisti. Un secondo modo di partecipare alle scelte aziendali si ha acquistando delle azioni e diventando soci. Ciò permette di partecipare agli eventi in cui si votano le decisioni, le assemblee dei soci, e votare. Quindi non è tanto la forma societaria, municipalizzata o Spa che fa la differenza, quanto le decisioni prese dai soci di maggioranza inerenti le politiche societarie: in pratica, se la maggioranza relativa è sempre in mano ad un soggetto pubblico, la questione non è tanto tra l’etichetta formale “pubblico o privato ossia municipalizzata o Spa”… quanto invece quanto e come destinare le risorse entrate dalle bollette, ossia se “a favore di un 1%, gli azionisti, o a favore del 99%, la comunità dei cittadini utenti”. Per esempio, se una azienda è municipalizzata, o speciale o una Spa a maggioranza relativa pubblica, ma utilizza beni e servizi di fornitori stranieri, se impiega solo in parte le migliori tecnologie disponibili (tra cui quelle previste in sede UE), e distribuisce profitti come dividendi a scapito di investimenti in servizi ed infrastrutture, …allora nella forma è pubblica, ma nella sostanza si comporta in modo privatistico, privilegiando gli interessi privati degli azionisti invece che quello collettivo pubblico di utenti e cittadini.
PER LEGGE E PER STATUTO HERA SPA NON È OBBLIGATA A DISTRIBUIRE UTILI
Una qualunque società, nella forma di società per azioni o in altra forma, quotata in un mercato titoli o non quotata che sia, a maggioranza pubblica o meno, non è obbligata per legge a distribuire ai soci gli utili generati. I soci decidono in base allo statuto e in sede di assemblea generale, come utilizzare le eventuali risorse generate: se e in che misura reinvestirle nell’azienda, o distribuirle sotto forma di dividendo. Laddove esiste una maggioranza di soci ben definita e regolata da un patto di sindacato, le decisioni vengono prese prima dell’assemblea, e ivi solo formalizzate. Anche l’avere come forma giuridica la società per azioni, non comporta automaticamente il fatto che essa debba perseguire un profitto speculativo. Questo è confermato dalla seguente comunicazione Consob del 27/11/2012 in risposta ad un nostro specifico quesito: “…nelle società quotate, come in qualsiasi altra S.p.A., a norma dell’articolo 2433 c.c. è l’assemblea che approva il bilancio che deve deliberare sulla distribuzione degli utili ai soci. A tal proposito si sottolinea che nelle società per azioni l’approvazione del bilancio di esercio non determina di per sè l’insorgere di un diritto soggettivo degli azionisti all’immediata assegnazione della propria parte di utili. A tal fine è necessario un’ ulteriore e distinta deliberazione dell’assemblea di distribuzione degli utili, essendo, così, lasciata all’apprezzamento discrezionale dell’assemblea la scelta sul se rinvestire gli utili nell’attività sociale oppure distribuirli ai soci”.Anche lo statuto di Hera Spa non obbliga gli azionisti a puntare al profitto, ma solo a condurre la gestione nel rispetto dei “principi di economicità e di redditività“. Ossia si ha il dovere di fare in modo che l’azienda sia in salute economica e finanziaria, in maniera tale che le entrate/ricavi totali siano superiori alle uscite/costi totali, ma è in mano agli azionisti di maggioranza la decisione di quanto utile/profitto fare, e la decisione di come reinvestirlo. Quindi in Hera Spa, sono i 10 Sindaci con quote rilevanti del patto di sindacato pubblico che hanno in mano la decisione se e quanti profitti distribuire, o se reinvestirli in azienda utilizzando le migliori tecnologie disponibili, sotto forma di ricaduta sul territorio di riferimento utilizzando fornitori locali, e sotto forma di minor costo dei beni e servizi offerti. Se i 10 Sindaci chiedessero al Consiglio di Amministrazione di cessare l’attuale politica di distribuzione di alti dividendi, i Signori Amministratori darebbero rapida esecuzione. “Statuto, Oggetto Sociale, Art. 4 : 4.2 La Società ha la finalità, nel rispetto dei principi di economicità e redditività e della riservatezza dei dati aziendali, di promuovere la concorrenza, l’efficienza ed adeguati livelli di qualità nell’erogazione dei servizi: 1. garantendo la neutralità della gestione delle infrastrutture essenziali perlo sviluppo di un libero mercato energetico; 2. impedendo discriminazioni nell’accesso ad informazioni commercialmente sensibili; 3. impedendo i trasferimenti incrociati di risorse tra i segmenti delle filiere”. 4.3 La società opera in settori integrativi o ulteriori, comunque connessi, finalizzati alla produzione di beni e di attività rivolti a soddisfare bisogni ed esigenze della collettività collaborando a promuovere lo sviluppo economico e civile delle persone, delle loro organizzazioni e delle comunità locali di cui fanno parte.
STA A NOI ELEGGERE POLITICI CHE DANNO PRIORITA' ALL'INTERESSE COLLETTIVO
Alla luce delle considerazioni sopra effettuate, emerge chiaramente come con Hera spa l’acqua sia già pubblica. A onor del vero occorre sottolineare come il management di Hera in tutti questi anni si sia comportato in maniera oggettivamente equilibrata, svolgendo il non facile compito di dosare in maniera adeguata il quantitativo di risorse reinvestite e di quelle distribuite. Questo a nostro modesto ed umile parere per un motivo molto semplice: i cittadini sono oggi all’oscuro di cosa sono e come funzionano le società partecipate. Nel momento in cui i cittadini acquisiscono la consapevolezza che le aziende partecipate a maggioranza relativa di capitale pubblico, pur essendo delle società per azioni sono comunque chiamate a far prevalere l’interesse collettivo, ecco che ne consegue che gli utili generati dovrebbero essere utilizzati per investimenti in servizi ed infrastrutture attinenti alle pubbliche utilità. Sta a noi cittadini, piccoli azionisti ed utenti il compito di vigilare che chi si candida a Sindaco inserisca nel proprio programma di mandato delle linee guida di politica industriale fatte a favore dell’interesse collettivo. Questo anche perché in una azienda che reinveste e si posiziona in una fascia “green“, senz’altro accumula un vantaggio competitivo che ricade sul valore della quota capitale dei singoli azionisti.