1.1. AZIONARIATO DIFFUSO CON PARTECIPAZIONE PUBBLICA

Riteniamo il modello è quello della public company o società ad azionariato diffuso prospettato dal Presidente dell’IRI Romano Prodi nel 1992 al tempo delle privatizzazioni  del sistema delle aziende strategiche che costituirono il sistema portante dell’industria italiana: banche, società energetiche, del settore delle telecomunicazioni, informatica, materie prime come acciaio e chimica di base, trasporti, agroalimentare ed infomatica, tutte grandi aziende di interesse nazionale. Modello che poi, non si fece, dal momento che quasi tutte le grandi aziende di interesse nazionale furono sottoposte al giudizio della magistratura per essere “vendute” a lobbies straniere dopo vari passaggi di mano, e in parte poi delocalizzate. Si ritiene opportuno ricreare dopo un quarto di secolo tante mini IRI su base multiregionale costituite dal “Sistema Territorio“: aziende che collaborano insieme controllate essendo partecipate da Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni.
Le aziende collaborano in rete, e formano un sistema integrato verticale nelle filiere energia, idrico, rifiuti e rete dati. Al servizio di distribuzione a valle, deve essere creato un servizio di produzione a monte, possendendo know-how tecnico progettuale, capacità manifatturiera di produzione e capacità impiantistica di installazione e manutenzione. L’espansione, può avvenire sia per crescita organica, ossia attraverso il potenziamento dei reparti tecnici, sia per crescita dimensionale, attraverso fusioni ed acquisizioni di aziende esistenti.
Aumentando il perimetro di interesse, il tema è se il cervello / baricentro delle operazioni possa essere ancora Bologna come è stato in passato, oppure sia preferibile una soluzione policentrica, tenendo conto anche dell’esistenza di 4 unità di business.
Con una quota di maggioranza pubblica in mano al soggetto pubblico (in Hera i 200 tra Comuni ed Enti Pubblici aventi oggi oltre il 57% del capitale sociale), e con il controllo sulle tariffe e sul rapporto tra ritorno economico ed investimenti subordinato al coordinamento di una autorità pubblica (per Hera l’AATO fino a ieri, ridefinito ATESIR oggi), si dovrebbe avere una ragionevole certezza che l’attività venga esercitata a favore del 99% dei cittadini utenti ed azionisti, minimizzando il rischio di shirking/opportunismo da parte del top management non proprietario. Per accentuare ancora di più il livello di trasparenza interna ed esterna, si renderebbe opportuno l’introduzione di un piano di distribuzione di azioni nei confronti dei dipendenti, e l’inserimento di un dipendente per ciascuna unità di business come Consigliere nel CDA, dipendente eletto dai colleghi dipendenti dietro presentazione di un programma di mandato.
Con questo schema la governance societaria è basata sia sulla gestione del top management che secondo le linee guida di politica industrtiale fornite dalla proprietà pubblica. Il piano industriale dovrebbe essere deliberato deliberate dalla assemblea degli azionisti in maggioranza pubblici, favorendo la partecipazione dell’azionariato polverizzato, i piccoli azionisti, che in numero, sono quasi sempre oltre il 99% di tutti gli azionisti.

1.2. INTRODUZIONE DEL MODELLO TEDESCO CON BINOMIO BANCA-IMPRESA

La Germania ha sviluppato un modello virtuoso di integrazione tra sistema bancario e industria che si è dimostrato vincente per lo sviluppo economico del territorio. Molte grandi aziende sono finanziate da istituti di credito cooperativi e casse di risparmio avente una forte vocazione territoriale, come descritto nel seguente articolo: l’architettura del sistema bancario tedesco. Per questo riteniamo che i soggetti politici pubblici che detengono la maggioranza relativa del Gruppo Hera, possano attivarsi per provare all’interno del proprio partito di riferimento a fare delle leggi per implementare tale sistema anche nel territorio di riferimento servito dalla multiutility. Ovviamente è possibile contare da un lato sul sistema delle banche di credito cooperativo, delle casse di risparmio e delle Regioni da un lato, e della Cassa Depositi e Prestiti del Ministero dell’Economia e delle Finanze italiano dall’altro.

1.3. PUBLIC COMPANY E LIMITE AL 3% DI VOTO PER I SOCI PRIVATI

Per prevenire scalate da parte di grandi gruppi privati che poi possono influenzare le decisioni, si prevede la variazione dello statuto introducendo una norma che introduce il limite del 3% del diritto di voto ad un singolo azionista o gruppo societario privato. La sterilizzazione della quota decisionale di un singolo soggetto privato oltre la soglia del 3%, da un lato permette al soggetto pubblico di mantenere il pieno controllo della società, dall’altro previene comportamenti di shirking da parte del top management.

1.4. DIPENDENTI ELETTI NEL CDA SULLA BASE DI UN PROGRAMMA
Generalmente vengono cooptate nel Consiglio di Amministrazione persone esterne all’azienda, e che avendo spesso altri incarichi anche di prestigio, hanno pochissimo tempo per entrare nel merito dell’operatvità aziendale, che quindi conoscono indirettamente. Inoltre l’attività del CdA si risolve fondamentalmente nelle riunioni che avvengono in media una volta al mese e durano un paio di ore circa. Per colmare e bilanciare questa lacuna, si reputa opportuno dare facoltà ai dipendenti di candidarsi a diventare membri del CdA: chi meglio di un dipendente conosce la società, i suoi pregi e i suoi limiti, nella sua area di riferimento? Si prevede dunque l’elezione di n.4 dipendenti come Consiglieri di Amministrazione, uno per ciascuna area di business. I dipendenti sono votati in base a un loro programma elettorale, in cui evidenziano problemi e formulano le proposte per risolverli. Compilano un rendiconto puntuale della loro attività di Consiglieri sul sito istituzionale in modo che sia chiaro e pubblico quel che fanno. La remunerazione è la medesima o comunque non inferiore a quella degli altri Consiglieri di Amministrazione, e non cumulativa con lo stipendio.
1.5. RECEPIMENTO DELLA SHAREHOLDERS' RIGHTS DIRECTIVE
Con la direttiva 2007/36/CE dell’11 luglio 2007 (Shareholders’ Rights Directive), relativa all’esercizio di alcuni diritti degli azionisti di società quotate, sono state introdotte importanti novità relativamente al funzionamento dell’assemblea.  La direttiva disciplina i diritti conferiti da azioni con diritto di voto emesse da società con sede legale in uno Stato membro e azioni ammesse alla negoziazione su di un mercato regolamentato europeo, favorendo la partecipazione degli azionisti alla vita della società e in particolare l’esercizio del voto, anche con riferimento all’esercizio transfrontaliero del diritto di voto. Le aziende quotate come Hera Spa hanno la facoltà di recepire tale normativa, ma non l’obbligo, nonostante la norma sia stata pensata nell’interesse e tutela dei piccoli azionisti, prevendendo una disciplina:
– che concede un premio sui dividendi agli azionisti che mantengono le azioni per almeno un certo periodo di tempo le azioni; il premio può essere pagato o in cash o mediante attribuzione di un numero aggiuntivo di azioni in controvalore;
– che definisce i requisiti per l’esercizio del voto da parte di chi detiene i titoli per contro di un altro;
– che regola il diritto del socio a fare domande in assemblea;
– che tende a facilitare la partecipazione del socio all’assemblea con mezzi elettronici. L’Assemblea dei Soci deliberativa, verrebbe trasmessa in diretta streaming on-line per permettere agli sia di seguire i lavori assembleari, sia di votare gli odg on-line.

Dal 2015 grazie all’accordo con Computershare il CdA ha permesso di poter votare per corrispondenza. Tale procedura risulta ancora piuttosto elaborata e non di facile utilizzo, per cui si propone:
a. una semplificazione della procedura;
b. l’inserimento della procedura semplificata sulle Reti Civiche dei Comuni azionisti di Hera Spa.
c. la comunicazione da parte dei Comuni di prospetti informativi relativi alle proprie società partecipate quotate, per diffondere la cultura delle società ad azionariato diffuso con golden share pubblica.