Per una informazione sugli effetti potenziali sulla salute delle fibre rilasciate in circolo, è possibili fare riferimento agli atti della Istruttoria pubblica sull’amianto che si è tenuta nella giornata del 2 Dicembre 2014, nella Sala del Consiglio del Comune di Bologna. Sono intervenuti esperti del campo medico, operatori del settore edile, esponendi di associazioni e sindacati, e le testimonianze dei lavoratori esposti e dei loro parenti hanno fornito un quadro utile di riferimento sulle conseguenze dell’impiego dell’amianto. A questo link sulla Rete Civica del Comune di Bologna è possibile visionare gli interventi. Il tenore degli interventi rispecchia quanto emerso dalla tavola rotonda promossa dal Quartiere Santo Stefano del Comune di Bologna il 5 Giugno 2014 sul tema “H2A l’amianto nell’acquedotto di Bologna”. dove AzioneHera ha partecipato, elaborando una sintesi dei lavori.
Per quanto riguarda gli effetti sulla salute, i pareri degli esperti della comunità medico scientifica non sono concordi. Alcuni medici oncologi hanno portato evidenze in base alle quali le casistiche riportate evidenziano una effettiva correlazione tre fibre di amianto e neoplasie alle vie respiratorie solo a seguito di esposizione per via aerea. Ossia se le fibre sono presenti nell’aria che si respira. Gli stessi hanno affermato che per ingestione non si evidenziano correlazioni evidenti, e quindi secondo loro non è possibile sostenere che ci siano dei pericoli. Ciò anche in considerazione del fatto che le analisi negli acquedotti evidenziano un valore medio rilevato nelle nostre reti di gran lunga inferiore al valore adottato dall’autorità americana FDA su indicazione dell’EPA, una delle poche a livello internazionale che ha stabilito un valore limite di 7 milioni di microfibre ( fibre > 10 micrometri), in pratica le PM10) disciolte in un litro di acqua.
Altri medici e chimici sottolineano con grande convinzione il fatto che invece anche l’ingestione potrebbe rappresentare un fattore di rischio, anche in considerazione del fatto che i tempi di assimilazione dell’organismo e di eventuale incubazione della malattia, non sono determinabili a priori, dal momento che possono dipendere da molteplici concause e parametri. Questi, tra cui il Dr. Vito Totire di AEA, suggeriscono di attivarsi subito per la sostituzione delle tubazioni, senza perdere altro tempo.
Una terza posizione, intermedia tra le due opposte, vede alcuni medici non ravvisare pericolosità immediata per l’ingestione, ma invocare comunque il principio della prudenza, e quindi provvedere a mantenere informata la popolazione, e comunque ad attivare la sostituzione.
Esiste una quarta posizione che Enrico Nannetti di Azionehera segue con attenzione grazie anche agli elementi forniti dal Prof. Giovanni Brandi nel corso dell’Istruttoria sull’Amianto (vedi 6° intervento) promossa dal Comune di Bologna: se per ingestione (= bevendo l’acqua dell’acquedotto) potrebbe anche non esserci una correlazione evidente, per inalazione del vapore acqueo (=respirando l’acqua vaporizzata nell’aria) invece potrebbero esserci maggiori dubbi, per la ragione che ad oggi mancano studi specifici con relative normative di legge a riguardo. L’esposizione si avrebbe in tutte le occasioni quotidiane in cui siamo a contatto col vapore acqueo della rete idrica, come facendo da doccia con acqua calda, stirando i panni, bollendo l’acqua in cucina, ecc.. In pratica, pare che non esista anche livello internazionale nessun ente che abbia definito un criterio di valutazione con relativi parametri limite per tale forma di esposizione. Tanto più che se per l’ingestione viene definito un valore limite di 7 milioni di fibre > µm 10 per litro disciolto nell’acqua, per la respirazione ecco che andrebbe considerato in aggiunta quel micro particolato (pm 2,5) presente nell’aria, in grado di penetrare negli alveoli dei polmoni. Recentemente l’Istituto Superiore di Sanità, su richiesta di un parere da parte di un Consigliere della Regione Toscana, si è espressa nei seguenti termini: “Sulla base delle conoscenze attuali e delle conclusioni a cui sono giunti enti internazionali di riferimento, la situazione nell’acqua non deve essere percepita come un rischio incombente per la salute pubblica né per quanto riguarda l’eventuale dose di fibre ingerite, né per la concentrazione eventualmente trasferita dalla matrice acqua alla matrice aria“. … “allo stato, non ritiene che sussistano i requisiti di necessità per indicare un valore di parametro per l’amianto diverso da quello già indicato dall’Epa americana (Ente Protezione Ambiente) che è pari a 7 milioni di fibre per litro”. Ad oggi, pare siamo in presenza di un vuoto normativo.
AzioneHera ha proposto che la futura Città metropolitana istituisca una Commissione di Monitoraggio (CM) che redagga un piano di intervento. La CM dovrebbe indicare ufficialmente le modalità di sostituzione della rete:
1.1. QUANDO: fare una mappatura della rete, individuando le tratte a fine di ciclo di vita come priorità, e poi un programma di sostituzione. Oggi la rete gestita da Hera Spa ha una perdita stimata di circa il 25% , media a onor del vero tra le più basse in Italia. Una sostituzione, oltre ad avere una benefica ricaduta sul territorio in termini di lavoro, comporterebbe un automatico risparmio del 25% sia per l’energia elettrica necessaria al pompaggio e trasporto in pressione, sia della spesa per la chimica di filtrazione e potabilizzazione.
1.2. COME: se lasciare le linee vecchie “a morire” sottoterra essendo già seppellite, oppure “riesumarle” e trattarle come rifiuto magari riportandole in discarica a centinaia di chilometri di distanza, sempre sottoterra. Tali linee desuete una volta rivestite internamente con tessuti polimerici, potrebbero essere utilizzate come canali per portare cablature di linee elettriche o della fibra ottica, oppure per usi non potabili come linee antincendio, per lavaggio strade, oppure per trasporto rifiuti pre sminuzzati e ridotti in slurry/poltiglia, come già accede in altre parti del mondo per es. con il sistema Envac.
1.3. CON COSA: verificare se l’attuale materiale che viene utilizzato in sostituzione, il polietilene, è la soluzione davvero valida al cemento amianto, anche in considerazione del fatto che tale materiale è soggetto alla formazione di un biofilm sulla parete interna, i cui microganismi possono attaccare la componente organica e causare microfessurazioni che alla lunga possono compromettere la resistenza meccanica dei tubi stessi.
1.4. CHI PAGA: chi deve sostenere la spesa di sostituzione, se i cittadini con un aumento delle tariffe o l’autorità pubblica, od entrambi? Se a pagare le nuove condotte è la parte pubblica (cittadini e fondi pubblici), poi di chi dovrebbe essere è la proprietà di tale nuova rete?
4.2 La Società ha la finalità, nel rispetto dei principi di economicità e redditività e della riservatezza dei dati aziendali, di promuovere la concorrenza, l’efficienza ed adeguati livelli di qualità nell’erogazione dei servizi:
a) garantendo la neutralità della gestione delle infrastrutture essenziali per lo sviluppo di un libero mercato energetico;
a) garantendo la neutralità della gestione delle infrastrutture essenziali per lo sviluppo di un libero mercato energetico;
b) impedendo discriminazioni nell’accesso ad informazioni commercialmente sensibili;
c) impedendo i trasferimenti incrociati di risorse tra i segmenti delle filiere”.
Se una buona parte della rete idrica è a fine ciclo di vita, e già oggi si ha una perdita dichiarata del 30%, occorre provvedere alla sua messa in efficienza mediante sostituzione. Quindi ci si chiese se sia leggittimo che l’utile sia distribuito in dividendi come profitti: da un lato è vero che per una parte finiscono nelle casse dei Comuni (soci di maggioranza), ma è anche vero che poi bisogna vedere per quali finalità poi i Comuni impiegano tali dividendi, ossia per finalità istituzionali o finalità diverse da servizi ed infrastrutture. I ricavi delle bollette dovrebbero essere utilizzati per mantenere “l’efficienza ed adeguati livelli di qualità nell’erogazione dei servizi”. Le reti erano di proprietà dei Comuni, quindi 100% pubbliche, e furono conferite nel processo di privatizzazione. Ora, se sono sostituite coi soldi delle bollette dei cittadini con aumenti sulle tariffe, e in parte da finanziamenti pubblici, ecco che le nuove reti dovrebbero tornare di proprietà pubblica.
Quindi nelle società a maggioranza pubblica del capitale sociale, occorrerebbe introdurre una legge ad hoc che preveda il rispetto di quanto dichiarato nello statuto, e che le risorse generate dal terriotrio siano impiegate a fini non diversi da quelli istituzionali.